Consiglio di Stato sez. III, 13/09/2024, (ud. 12/09/2024, dep. 13/09/2024), n. 7545
La sentenza in esame del Consiglio di Stato affronta la questione relativa alla revoca della licenza di detenzione di armi e munizioni, disposta dal Prefetto di Livorno ai sensi dell’art. 39 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), a seguito di un comportamento illecito compiuto dall’appellante durante un’attività venatoria. La decisione si incentra su principi consolidati riguardanti la discrezionalità amministrativa in materia di sicurezza pubblica e detenzione di armi, confermando la legittimità del provvedimento prefettizio.
I Fatti
Il caso origina dall’azione del signor – OMISSIS -, sorpreso il 16 ottobre 2019 ad effettuare attività venatoria in un’area non consentita e con mezzi vietati. Sebbene il procedimento penale nei suoi confronti si sia concluso con una sentenza di non luogo a procedere a seguito di oblazione, l’Autorità prefettizia ha ritenuto che il comportamento evidenziasse un difetto di affidabilità nell’uso delle armi, emanando il divieto di detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti. L’appellante, militare in pensione, si è opposto a tale provvedimento sostenendo di avere un lungo e impeccabile servizio alle armi e una condotta irreprensibile.
Il TAR Toscana ha respinto il ricorso iniziale del signor -OMISSIS-, affermando che il comportamento tenuto nell’episodio di caccia illegale giustificava il provvedimento prefettizio, poiché dimostrava una potenziale inaffidabilità nel rispetto delle regole sulla detenzione delle armi.
Le Questioni Giuridiche
La sentenza del Consiglio di Stato si concentra su due aspetti fondamentali:
- La discrezionalità amministrativa in materia di sicurezza pubblica: Il Consiglio di Stato ricorda che il rilascio di licenze per il porto d’armi costituisce un’eccezione al divieto generale previsto dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, comma 1, l. n. 110 del 1975. Tale deroga è subordinata alla verifica della piena affidabilità del richiedente, una valutazione che l’Autorità di pubblica sicurezza compie con ampia discrezionalità e sulla base di criteri rigorosi, finalizzati alla prevenzione di potenziali abusi delle armi.
- Il principio della prognosi inferenziale: La giurisprudenza afferma che l’inaffidabilità di un soggetto nell’uso delle armi può essere desunta da elementi che non richiedono una prova certa di abuso, ma che dimostrano un rischio concreto. La discrezionalità dell’Autorità di pubblica sicurezza, in questo contesto, è fortemente cautelativa e ha lo scopo di prevenire situazioni di pericolo per la collettività, rendendo possibile il ritiro delle armi anche in assenza di reati gravi.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 7545 del 2024 offre un’importante occasione per riflettere sulla natura giuridica e sull’esercizio della discrezionalità amministrativa in materia di licenze di porto d’armi, con particolare attenzione ai principi di affidabilità soggettiva e di prognosi preventiva. Si tratta di un tema che mette in dialogo la tutela della sicurezza pubblica e i diritti individuali, specialmente il diritto di richiedere e ottenere una licenza di porto d’armi. Tuttavia, questo diritto, come stabilito dalla giurisprudenza consolidata, non assume la forma di un diritto soggettivo pieno, ma di una facoltà subordinata a specifici requisiti, il cui accertamento è rimesso alla discrezionalità dell’Autorità di pubblica sicurezza.
1. Il Porto d’Armi: Natura e Regolamentazione
Il porto d’armi in Italia è regolato principalmente dal Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.), approvato con il regio decreto n. 773 del 1931. In particolare, l’art. 39 attribuisce al Prefetto la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materiali esplodenti a coloro che siano “ritenuti capaci di abusarne”. Questo potere si configura come un mezzo di prevenzione nell’ambito della tutela della sicurezza pubblica, poiché il possesso e il porto d’armi rappresentano una deroga al principio generale sancito dall’art. 699 del codice penale, che vieta ai privati di portare armi senza autorizzazione.
Secondo una costante giurisprudenza, la concessione del porto d’armi non può essere considerata un diritto soggettivo assoluto, ma un’eccezione al divieto generale che può essere accordata solo laddove sia assicurata la massima affidabilità del soggetto richiedente. Questa eccezionalità deriva dall’alta pericolosità potenziale del possesso di armi, il che giustifica l’imposizione di rigorosi requisiti soggettivi per l’ottenimento e il mantenimento della licenza. In questo senso, le armi non possono essere considerate beni come gli altri: la loro diffusione tra i privati è sottoposta a un severo controllo per evitare abusi e garantire l’ordine pubblico.
2. Il Giudizio di Affidabilità e il Potere Discrezionale dell’Amministrazione
Il punto cardine della regolamentazione in materia di porto d’armi è il giudizio di affidabilità soggettiva, che implica una valutazione complessa e articolata da parte dell’Autorità di pubblica sicurezza. Questo giudizio, di natura discrezionale, non si limita a verificare l’assenza di condanne penali o a esaminare la fedina penale del richiedente, ma coinvolge un’analisi più ampia della sua condotta complessiva, della sua attitudine psicologica e morale, nonché della possibilità che egli possa abusare delle armi.
La discrezionalità amministrativa in questo contesto assume una particolare rilevanza perché consente all’Autorità di agire in via preventiva, senza attendere che si verifichino reati o abusi concreti. Infatti, il concetto di prognosi preventiva consente al Prefetto di revocare o negare la licenza in presenza di indizi che facciano sorgere un ragionevole dubbio sulla correttezza futura nell’uso delle armi da parte del richiedente. È proprio questo elemento di discrezionalità che costituisce il fondamento giuridico dei provvedimenti prefettizi in materia di porto d’armi.
3. La Natura del Giudizio Prognostico: Un Rischio Preventivo
Nella sentenza analizzata, il Consiglio di Stato ribadisce che il giudizio dell’Autorità di pubblica sicurezza si basa su una valutazione di probabilità del rischio e non su una certezza del pericolo. Questo significa che il Prefetto non è tenuto a dimostrare che vi sia stato un abuso effettivo delle armi, ma può limitarsi a fondare il proprio provvedimento su una previsione di un rischio concreto di abuso, desunto da fatti e comportamenti anche non penalmente rilevanti.
In questo senso, la valutazione amministrativa si distingue nettamente dall’accertamento richiesto in ambito penale, dove la responsabilità deve essere provata oltre ogni ragionevole dubbio. In ambito amministrativo, invece, è sufficiente un ragionevole dubbio circa la possibilità di un uso improprio delle armi per giustificare il ritiro o la revoca della licenza. Questo approccio è giustificato dalla natura cautelare e preventiva del provvedimento di divieto, il cui scopo principale è evitare il verificarsi di situazioni potenzialmente pericolose per la sicurezza pubblica.
4. Il Principio di Proporzionalità nella Revoca del Porto d’Armi
Uno degli aspetti più significativi del giudizio amministrativo sulla detenzione delle armi è l’applicazione del principio di proporzionalità, che impone un bilanciamento tra la misura restrittiva adottata dall’Autorità e il diritto del privato a detenere armi. Il principio di proporzionalità si articola in tre momenti:
- Idoneità: La misura deve essere adeguata a raggiungere lo scopo prefissato, ossia prevenire un possibile abuso delle armi.
- Necessità: Deve trattarsi dell’unica misura possibile per garantire la sicurezza pubblica.
- Proporzionalità in senso stretto: La misura non deve comportare un sacrificio eccessivo dei diritti del privato rispetto ai benefici che si intendono ottenere.
Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il divieto imposto dal Prefetto fosse proporzionato al rischio di abuso, considerando la gravità del comportamento del ricorrente, sorpreso a cacciare in un’area non consentita con mezzi vietati. Tale condotta è stata valutata come sufficiente a giustificare la revoca della licenza, poiché ha evidenziato una violazione delle norme vigenti e, di conseguenza, una potenziale inaffidabilità nell’uso delle armi.
5. Il Ruolo del Giudice Amministrativo: Limiti e Controlli sulla Discrezionalità
Un aspetto cruciale della sentenza riguarda il ruolo del giudice amministrativo nel controllo della discrezionalità dell’Autorità di pubblica sicurezza. La giurisprudenza, anche recente, ha stabilito che il giudice può esercitare un controllo sulla logicità e congruità del provvedimento prefettizio, pur senza sostituirsi all’Amministrazione nel merito delle sue scelte. Il sindacato giurisdizionale è quindi limitato alla verifica dell’assenza di vizi macroscopici (come l’eccesso di potere, l’arbitrarietà o l’illogicità manifesta) e alla coerenza interna del provvedimento con gli elementi istruttori raccolti.
Nel caso in questione, il Consiglio di Stato ha sottolineato come il controllo giurisdizionale debba essere particolarmente penetrante, soprattutto quando si tratta di valutare provvedimenti che incidono su diritti fondamentali o che comportano limitazioni significative della libertà individuale. Tuttavia, ha anche ribadito che, data la natura squisitamente tecnica e preventiva delle decisioni in materia di armi, il giudice non può sostituirsi all’Autorità amministrativa nella valutazione del rischio, ma deve limitarsi a verificare che tale valutazione sia stata effettuata correttamente e in modo proporzionato.
Conclusioni
Il tema della discrezionalità amministrativa in materia di porto d’armi solleva questioni giuridiche di grande rilievo, soprattutto in relazione alla tutela dei diritti individuali e alla necessità di garantire la sicurezza pubblica. La sentenza del Consiglio di Stato n. 7545 del 2024 riafferma il principio secondo cui la concessione e il mantenimento della licenza di porto d’armi sono subordinati a un rigoroso controllo sulla affidabilità soggettiva del richiedente, e che tale controllo può legittimamente basarsi su una valutazione prognostica del rischio di abuso. In questo contesto, la discrezionalità dell’Autorità amministrativa si manifesta come uno strumento essenziale di prevenzione, mentre il principio di proporzionalità garantisce che le misure restrittive adottate non rappresentino un sacrificio eccessivo dei diritti dei singoli.
Questa sentenza, confermando un consolidato orientamento giurisprudenziale, evidenzia l’importanza di un equilibrio tra sicurezza pubblica e diritti individuali, sottolineando come la discrezionalità amministrativa possa e debba essere esercitata con cautela, ma anche con decisione, ogniqualvolta vi siano elementi che facciano sorgere un ragionevole dubbio circa l’uso corretto delle armi.