Consiglio di Stato sez. VI, 06/08/2024, (ud. 18/07/2024, dep. 06/08/2024), n.7001
L’analisi di questa sentenza emessa dal Consiglio di Stato si concentra sulla legittimità del decreto n. 84 del 24 gennaio 2020, con il quale il Ministero della Cultura ha dichiarato di “interesse storico-artistico particolarmente importante” un complesso costituito da una fontana pubblica e un giardino con vasche, precedentemente di proprietà dell’Intendente di Real Casa Michelangelo Viglia. La controversia verte sulla fondatezza del vincolo storico imposto su tale immobile, del quale Mo. Fa., insieme a suo fratello, è comproprietaria.
Il caso si è originato quando la signora Fa., dopo aver ottenuto un permesso di costruire, ha visto sorgere un procedimento avviato dalla Soprintendenza volto all’adozione del vincolo sul complesso immobiliare. Tale vincolo è stato contestato da Fa., che ne ha chiesto l’annullamento dinanzi al TAR Campania, evidenziando l’insufficienza dell’istruttoria e la mancanza di documentazione che giustificasse il provvedimento. In primo grado, il TAR aveva accolto il ricorso, annullando il decreto per difetto di istruttoria.
Nel ricorso d’appello, il Ministero ha difeso la propria decisione, lamentando che il giudice di primo grado si fosse acriticamente basato sui risultati della verificazione, un mezzo istruttorio che avrebbe invaso la sfera di discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, ritenuta sovrana in materia di vincoli culturali. La difesa del Ministero si è basata sulla rilevanza storica del complesso, legato alla figura di Michelangelo Viglia, e su una presunta continuità con i beni culturali della zona, come la Reggia di Caserta.
Tuttavia, il Consiglio di Stato, richiamando la giurisprudenza consolidata in materia, ha sottolineato che la discrezionalità tecnica della Soprintendenza, pur ampia, deve essere supportata da un’adeguata motivazione e da una base documentale solida, elementi che, secondo il Collegio, mancavano nel caso in esame. L’istruttoria condotta dalla Soprintendenza, come confermato dall’indagine peritale disposta dal TAR, si è rivelata lacunosa. La figura di Viglia non emergeva come storicamente rilevante al punto da giustificare il vincolo, né vi erano prove che attestassero un collegamento diretto tra i beni oggetto di tutela e un interesse storico-culturale particolarmente importante. Le fonti documentali citate erano vaghe e incomplete, e i beni vincolati non risultavano più conservare le caratteristiche che li rendevano di rilievo storico.
Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto infondate le motivazioni del Ministero, condividendo le conclusioni del giudice di primo grado e rigettando l’appello. Ne consegue la conferma della sentenza del TAR, con condanna del Ministero al pagamento delle spese processuali in favore della signora Fa.
La sentenza del Consiglio di Stato analizza una questione giuridica cruciale: il bilanciamento tra il potere discrezionale dell’Amministrazione nella tutela dei beni culturali e la necessità di un’adeguata istruttoria e motivazione, soprattutto quando si impongono vincoli su proprietà private. Il caso riguarda il decreto con cui il Ministero della Cultura aveva dichiarato di “interesse storico-artistico particolarmente importante” una fontana pubblica e un giardino con vasche, già appartenuti a Michelangelo Viglia, figura controversa del periodo borbonico.
Discrezionalità tecnica e sindacato giurisdizionale
Uno degli aspetti fondamentali toccati dalla sentenza è la discrezionalità tecnica di cui gode la Soprintendenza nel qualificare un bene come meritevole di tutela ai sensi del Codice dei beni culturali (D.lgs. n. 42/2004). Tale potere si basa su valutazioni specialistiche riguardanti la storia, l’arte e l’architettura, e viene generalmente sindacato dal giudice solo per manifesta illogicità o per difetto di motivazione. Nonostante l’ampia libertà valutativa riconosciuta all’Amministrazione, essa deve tuttavia rispettare rigorosi parametri di correttezza e completezza nell’istruttoria, producendo una motivazione circostanziata e supportata da evidenze documentali.
Nel caso in esame, il Consiglio di Stato rileva che la relazione tecnica della Soprintendenza era carente di elementi probanti e di fonti documentali adeguate a sostenere la dichiarazione di vincolo. Ad esempio, il collegamento tra il giardino e la figura storica di Michelangelo Viglia non è stato dimostrato in modo convincente, e la descrizione dell’immobile come “giardino storico” risultava priva di fondamenti strutturali e paesaggistici idonei. La discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, quindi, pur essendo ampia, non può tradursi in un’espressione arbitraria di potere, ma deve basarsi su una solida ricostruzione storica e su una documentazione accurata.
La rilevanza della motivazione nella tutela dei beni culturali
Un altro punto giuridicamente rilevante è l’importanza della motivazione nel provvedimento di imposizione del vincolo. Il Codice dei beni culturali impone che la dichiarazione di interesse particolarmente importante sia giustificata da una chiara esposizione delle ragioni storiche, artistiche o culturali che la supportano. L’Amministrazione ha il dovere di esporre in maniera trasparente non solo gli elementi materiali che rendono il bene meritevole di tutela, ma anche le connessioni storiche e culturali con il contesto di riferimento.
Nella fattispecie, il Consiglio di Stato ha sottolineato come il TAR Campania avesse opportunamente richiesto una verificazione, affidata a un esperto, per colmare le lacune istruttorie emerse nel procedimento amministrativo. La verificazione, infatti, ha confermato l’assenza di elementi sufficienti a giustificare il vincolo, evidenziando come la relazione ministeriale fosse vaga e non corroborata da riferimenti archivistici certi, indispensabili per l’imposizione di un vincolo su beni privati.
La funzione sociale della proprietà privata e la tutela del patrimonio culturale
Il caso, inoltre, tocca la delicata questione del rapporto tra la tutela del patrimonio culturale e la funzione sociale della proprietà privata. La Costituzione italiana, all’art. 42, stabilisce che la proprietà privata può essere limitata per ragioni di interesse generale, come nel caso della protezione dei beni culturali. Tuttavia, tali limitazioni devono essere giustificate da un interesse pubblico chiaro e ben definito, che l’Amministrazione è chiamata a dimostrare. L’interesse storico-culturale di un bene, infatti, deve essere tale da prevalere sui diritti del proprietario, ma ciò richiede una rigorosa motivazione che spieghi perché quel bene debba essere soggetto a particolari restrizioni.
Nel caso specifico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’imposizione del vincolo non fosse sufficientemente giustificata, proprio perché non era stato dimostrato il valore culturale del bene. La mancanza di una chiara motivazione, basata su evidenze storiche e documentali, ha dunque impedito all’Amministrazione di giustificare adeguatamente la compressione del diritto di proprietà della signora Fa.
Conclusione
In sintesi, la sentenza ribadisce che la tutela del patrimonio culturale è un valore costituzionale importante, ma deve essere perseguita nel rispetto di precisi criteri giuridici. Il potere discrezionale dell’Amministrazione nel dichiarare un bene di interesse culturale deve essere esercitato con rigore istruttorio e motivazionale, soprattutto quando il vincolo incide su proprietà private. Il caso di specie evidenzia come un’istruttoria carente e una motivazione insufficiente possano portare all’annullamento di un provvedimento, riaffermando l’importanza del sindacato giurisdizionale a garanzia della correttezza dell’azione amministrativa.