TAR Lazio, Sezione Quinta Ter 30 aprile 2024, n. 8580
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 08580/2024 riguarda un contenzioso amministrativo tra la società Litos Progetti s.r.l. e l’Agenzia del demanio, oltre che con altre parti interessate, relativamente a una procedura di appalto pubblico per l’affidamento del servizio di vulnerabilità sismica e diagnosi energetica. Il nocciolo della questione è la presunta illegittimità dell’esclusione di Litos Progetti dall’appalto per anomalia dell’offerta, in particolare per un presunto ribasso applicato ai compensi professionali, dichiarati inderogabili dalla legge di gara e dalle normative applicabili.
Il ricorso di Litos Progetti sollevava questioni intricate in merito alla corretta interpretazione e applicazione delle disposizioni normative sulla valutazione delle offerte anomale e sulla nozione di equo compenso per le prestazioni di ingegneria e architettura. La società ricorrente ha impugnato sia il provvedimento di esclusione che la legge di gara stessa, sostenendo una violazione del principio di contraddittorio, oltre che difetti di istruttoria e di motivazione da parte della stazione appaltante.
Il TAR ha approfonditamente analizzato queste questioni, avvalendosi della giurisprudenza prevalente e della normativa pertinente, tra cui il D.Lgs. n. 36/2023 e la legge n. 49/2023, che regolamentano gli aspetti dell’equo compenso e dei compensi inderogabili per le prestazioni intellettuali nel settore pubblico. La sentenza ribadisce che le procedure di anomalia non richiedono un contraddittorio procedimentale esteso ma possono essere effettuate attraverso un’unica fase di richiesta e analisi dei chiarimenti, pur garantendo la correttezza e la completezza dell’esame.
La legge n. 49/2023, come dettagliatamente illustrato nella sentenza, garantisce un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dai professionisti. Tale normativa interviene stabilendo criteri specifici per la determinazione dei compensi in contesti particolari, includendo rapporti professionali rilevanti per imprese di dimensioni significative e per la pubblica amministrazione. L’articolo 3 della legge stabilisce inoltre la nullità delle clausole contrattuali che prevedano compensi ritenuti iniqui, offrendo ai professionisti uno strumento legale per la contestazione di tali accordi.
I ricorrenti hanno sostenuto una possibile incompatibilità della legge con la libertà di stabilimento e il diritto di prestare servizi nell’UE, argomentando che la normativa potrebbe limitare la concorrenza. Tuttavia, come affermato dal Tar del Veneto e ribadito dal TAR Lazio, tale legge non preclude l’accesso al mercato italiano né altera le condizioni di concorrenza in maniera discriminatoria o sproporzionata. Infatti, è stato evidenziato come la legge promuova un equilibrio tra la tutela dei professionisti e la necessità di mantenere un contesto competitivo sano, attraverso la valorizzazione delle competenze e della qualità delle prestazioni.
Particolarmente rilevante è il confronto con la normativa europea e altre disposizioni italiane, come il d.lgs. n. 36/2023. La sentenza ha esaminato la coerenza tra queste normative, concludendo che non esiste un conflitto sostanziale che pregiudichi l’applicabilità della legge sull’equo compenso. Inoltre, è stata respinta l’ipotesi di un’incompatibilità sistematica con il diritto dell’UE, in particolare con le disposizioni relative alla fissazione di tariffe minime non discriminatorie e proporzionate, come previsto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE.
Il tribunale ha dunque rigettato le censure avanzate contro il provvedimento impugnato, confermando la validità e la legittimità dell’applicazione della legge n. 49/2023. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’interpretazione che concili i principi di tutela professionale con le esigenze di un mercato aperto e competitivo, assicurando che i professionisti ricevano un compenso giusto senza compromettere la libertà economica e la dinamica concorrenziale.
In definitiva, il verdetto stabilisce un precedente significativo per l’interpretazione delle norme sull’equo compenso in relazione agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione Europea e dalle normative nazionali più ampie, offrendo un quadro giuridico chiaro per l’applicazione di queste disposizioni in contesti professionali complessi e variegati.