TAR Veneto, Sezione Terza, 3 aprile 2024, n. 632
La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto si occupa di una disputa riguardante l’aggiudicazione di un appalto per la progettazione definitiva e esecutiva e per il coordinamento della sicurezza in fase progettuale relativa ai lavori di adeguamento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica degli ospedali di San Donà di Piave e Portogruaro. Questo caso solleva questioni fondamentali relative all’interpretazione della legge sull’equo compenso e alla sua applicazione nel contesto delle procedure di appalto pubblico.
Il cuore della controversia è la decisione dell’amministrazione di aggiudicare l’appalto al Raggruppamento Manens S.p.A., nonostante le offerte economiche presentate da tale gruppo fossero significativamente inferiori agli importi ritenuti equi, secondo le disposizioni legislative vigenti sull’equo compenso. La legge n. 49 del 2023, che regola questa materia, stabilisce che il compenso dovuto ai professionisti deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, alle caratteristiche della prestazione professionale e, crucialmente, conforme ai compensi previsti dai decreti ministeriali relativi alla liquidazione giudiziale dei compensi dei professionisti.
Il Tribunale, esaminando la legge e i principi applicabili, ha sottolineato che l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non deve pregiudicare l’equo compenso dovuto ai professionisti. In particolare, ha rilevato che il Raggruppamento Manens aveva offerto ribassi eccessivi che, se applicati, avrebbero compromesso la base stessa dell’equo compenso, rendendo il loro compenso non solo inadeguato ma anche illegittimo ai sensi della legge. Questo è stato visto come una violazione diretta delle normative che proteggono i diritti economici dei professionisti nei loro rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni.
Di fronte a queste circostanze, il Tribunale ha emesso una decisione che non solo riconosce la natura vincolante delle norme sull’equo compenso, ma chiarisce anche che le stazioni appaltanti devono rispettare queste disposizioni nella valutazione delle offerte. La sentenza enfatizza la necessità che le amministrazioni pubbliche agiscano in modo da garantire che i compensi pagati non siano inferiori ai minimi statutariamente previsti, proteggendo così l’integrità professionale e finanziaria dei fornitori di servizi.
La decisione del TAR del Veneto rappresenta un chiarimento significativo sulla portata e sull’applicazione della legge sull’equo compenso in Italia, stabilendo un importante precedente sulla necessità di adeguare le procedure di appalto pubblico alle normative che tutelano i diritti economici dei professionisti. Questo non solo assicura una giusta remunerazione per i professionisti coinvolti, ma contribuisce anche a mantenere standard elevati nelle prestazioni professionali commissionate dalle pubbliche amministrazioni. In definitiva, la sentenza ribadisce che la legge sull’equo compenso è una norma imperativa che prevale sui tentativi di riduzione competitiva dei costi a scapito della qualità e della giustizia economica.
1. Imperatività della Legge sull’Equo Compenso
La legge n. 49 del 2023 stabilisce che il compenso dovuto ai professionisti per le prestazioni intellettuali deve essere equo, proporzionato alla qualità e alla quantità del lavoro svolto. Questa disposizione ha un carattere imperativo, il che significa che non può essere derogata o modificata da accordi individuali o prassi amministrative. La legge mira a proteggere i professionisti dall’essere costretti ad accettare compensi iniqui, specialmente in relazione a contratti con enti pubblici, che spesso hanno una posizione di forza contrattuale.
2. Il Contesto della Sentenza
Nel caso in questione, il Tribunale ha stabilito che l’amministrazione ha fallito nel suo dovere di garantire che il processo di gara rispettasse i principi di equo compenso, consentendo che le offerte presentate da uno dei concorrenti, il Raggruppamento Manens, fossero inferiori ai minimi stabiliti per le prestazioni richieste. Tale pratica ha sollevato dubbi sulla validità dell’aggiudicazione dell’appalto a questo raggruppamento, dato che le offerte non rispettavano la normativa sull’equo compenso.
3. Valutazione delle Offerte e Ribassi
Un punto cruciale della sentenza riguarda il modo in cui le offerte economiche devono essere valutate nelle gare pubbliche. Il TAR ha evidenziato che un ribasso che impatta il compenso dei professionisti al di sotto del livello di equità stabilito dalla legge rende l’offerta non solo economicamente inaccettabile ma anche legalmente non valida. Questo principio serve a prevenire una “corsa al ribasso” che potrebbe compromettere la qualità del lavoro professionale e l’adeguatezza della remunerazione.
4. Implicazioni per le Stazioni Appaltanti
Per le amministrazioni pubbliche, questa sentenza sottolinea l’importanza di definire chiaramente e rispettare i criteri di equo compenso nelle loro richieste di offerta. Devono assicurarsi che i documenti di gara riflettano le disposizioni della legge sull’equo compenso e che ogni valutazione delle offerte economiche sia conforme a questi principi.
5. Impatto su Prassi e Regolamenti Futuri
La decisione del TAR potrebbe influenzare significativamente la futura prassi amministrativa e la redazione dei bandi di gara, imponendo una maggiore attenzione alle disposizioni di equo compenso e una loro applicazione più stringente. Le stazioni appaltanti potrebbero dover rivedere le loro procedure per assicurarsi di rispettare non solo le norme tecniche e di qualità ma anche quelle economiche che garantiscano un compenso giusto e proporzionato ai professionisti.
In sintesi, la sentenza del TAR del Veneto stabilisce un importante precedente nel contesto degli appalti pubblici, rafforzando il principio che la legge sull’equo compenso è un imperativo giuridico che prevale su considerazioni di convenienza economica, assicurando che i professionisti siano remunerati in modo equo per il loro lavoro.