Profili di riparto di giurisdizione (Giudice Ordinario e Giudice Amministrativo) in tema di risarcimento (o indennizzo) da espropriazione in seguito all’adozione della c.d. acquisizione sanante, ai sensi dell’art. 42 bis del TU Espropriazioni
La recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1910/2016 ha affermato la sussistenza della giurisdizione ordinaria in merito alle richieste formulate dagli interessati di corretto riconoscimento e quantificazione da parte della Pubblica Amministrazione delle somme di denaro a loro spettanti a seguito dell’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante, per la riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali, come maggiorati dal c.d. deprezzamento dei beni residui.
In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto quanto segue sulla base delle seguenti considerazioni:
- 1) (cfr. punto 2.1 della sentenza) i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli interessati a causa di un provvedimento di acquisizione sanante (voce n. 1 di danno richiesta dai ricorrenti nel giudizio di ottemperanza) – alla luce dell’ordinanza della Corte di Cassazione, SS.UU., n. 22096/2015 e della sentenza della Corte Costituzionale n. 71/2015 (richiamata dalla Cassazione) – dovrebbero essere qualificati come danni conseguenti ad attività lecita della Pubblica Amministrazione, con conseguente qualificazione sostanziale (a prescindere dal dato letterale) delle somme in questione come indennizzi, che, come tali, dovrebbero essere soggetti alla giurisdizione ordinaria, ai sensi dell’art. 133, lett. g, del CPA;
- 2) (cfr. punti 3.1. e 3.2. della sentenza) analogamente, in relazione al profilo di danno da c.d. deprezzamento dei beni residuanti dalla espropriazione con atto di acquisizione sanante (voce n. 2 di danno richiesta dai ricorrenti nel giudizio di ottemperanza), la sentenza ha ritenuto applicabile anche a tale voce di danno le medesime argomentazioni di cui sopra, con conseguente declinatoria della giurisdizione a favore del Giudice Ordinario.
In definitiva, pertanto, tale pronuncia ha declinato la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art. 133, lett. g, del CPA, per le questioni attinenti alla quantificazione delle somme spettanti in capo ai soggetti destinatari di provvedimenti di acquisizione ai sensi dell’art. 42 bis del TU Espropriazioni, in quanto è stato ritenuto non di “spettanza della giurisdizione di questo Plesso giurisdizionale, ex art. 9 del CPA, con riguardo alle domande investenti l’esatta quantificazione dell’indennizzo in relazione al valore venale da attribuire al fondo, il danno da deprezzamento delle aree residue, nonché in ordine alla somma da corrispondere a titolo di pregressa occupazione abusiva”, in condivisione dell’ordinanza a Sezioni Uniti della Corte di Cassazione, n. 22096/2015. Quest’ultima può essere, sinteticamente, ma analiticamente, ricostruita nei termini seguenti:
- 1) innanzitutto, ha premesso che la qualificazione giuridica che questa avrebbe svolto sarebbe stata il risultato di una “prima approssimazione e senza pretesa di completezza” e che “in mancanza di precedenti specifici di queste Sezioni Unite” con la conseguente necessità di tenere conto anche “delle elaborazioni giurisprudenziali del Giudice amministrativo, le quali registrano peraltro incertezze e veri e propri contrasti”;
- 2) tale ordinanza ha, poi, proceduto a tentare di confutare le argomentazioni elaborate dalla giurisprudenza amministrativa a favore della sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo (su tutte, la sentenza del Consiglio di Stato n. 993/2014, essendo la più completa sotto il profilo motivazionale e “capostipite” dell’orientamento giurisprudenziale in questione), le quali poggiano, secondo la ricostruzione dell’ordinanza n. 22096/2015, essenzialmente sul fatto che il presupposto per l’esercizio dell’acquisizione sanante “è il pregresso cattivo uso dell’ordinario potere espropriativo … e l‘attuale esigenza dell’amministrazione di continuare a mantenere il bene in ragione della perdurante utilizzazione di esso nell’interesse pubblico, con la conseguenza che detto indennizzo, in quanto strettamente correlato all’illecito risalente alle violazioni commesse dalla stessa amministrazione nell’ambito del (precedente) procedimento espropriativo illegittimo, non può che avere natura risarcitoria”;
- 3) tale ricostruzione effettuata dalla giurisprudenza amministrativa favorevole alla sussistenza della propria giurisdizione è stata criticata dalla citata ordinanza, sulla base di argomentazioni riprese sia dalla sentenza della Consulta n. 71/2015, che da altre pronunce del Giudice Amministrativo (contrarie all’orientamento prevalente a favore della giurisdizione amministrativa); ovvero:
- 3.1) la sentenza della Corte Costituzionale n. 71/2015, la quale avrebbe qualificato l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante come attività nuova ed autonoma rispetto ai precedenti illeciti posti in essere dall’Amministrazione, attraverso il quale quest’ultima “riprende a muoversi nell’alveo della legalità”; da ciò deriverebbe, secondo la Corte di Cassazione, che il nuovo provvedimento amministrativo (acquisizione sanante), laddove sia legittimo, non potrebbe che determinare un “danno” lecito, con conseguente natura indennitaria della misura riparatoria e, quindi, il radicamento della giurisdizione del Giudice Ordinario in relazione ad eventuali contestazioni sulla quantificazione di tali somme, come individuate dall’Amministrazione procedente, e sulla loro effettiva corresponsione a favore del destinatario;
- 3.2) la sentenza del TAR Toscana n. 890/2015, invece, avrebbe fornito adeguate argomentazioni idonee a confutare i principali punti di forza dell’orientamento del Consiglio di Stato sopra richiamato; ovvero:
- a) l’espropriazione determinata dall’acquisizione sanante è attività che pone fine alla situazione di illiceità di occupazione e/o trasformazioni abusive di fondi/beni altrui da parte dell’Amministrazione, pertanto, laddove il provvedimento di acquisizione sanante fosse legittimo, allora anche l’attività in questione sarebbe realizzata lecitamente, con la conseguenza che le poste di danno che spetterebbero di diritto in capo ai destinatari della misura ablatoria (danni patrimoniali e non, deprezzamento beni residui) dovrebbero avere natura indennitaria con conseguente giurisdizione del Giudice Ordinario; in altri termini, non sarebbe rilevante la pregressa situazione illecita, la quale viene conclusa con l’acquisizione sanante, ma esclusivamente il nuovo provvedimento di acquisizione sanante (in ipotesi, legittimo);
- b) neppure l’utilizzo da parte del legislatore del termine “indennizzo”, invece di quello di “indennità” potrebbe essere ritenuto rilevante, in quanto nel TU espropriazioni il legislatore utilizzerebbe i due termini come sinonimi;
- c) allo stesso modo, anche la previsione di una posta di danno non patrimoniale potrebbe portare a ritenere qualificabile le somme in questione come spettanti a titolo risarcitorio, in quanto tale somma di denaro (determinata in modo automatico e predeterminato in una percentuale del valore venale del bene), sarebbe meramente accessoria ai danni patrimoniali.