L’applicabilità del c.d. ricongiungimento familiare dei dipendenti delle Forze di Polizia ad ordinamento civile nei casi di trasferimento d’Autorità: il problema del trasferimento a seguito dell’avanzamento di carriera per superamento di prova concorsuale
Il c.d. ricongiungimento per trasferimento d’autorità, in applicazione dell’art. 17 della Legge n. 266/1999, viene definito e garantito nei seguenti termini: “Il coniuge convivente del personale in servizio permanente … delle Forze di polizia ad ordinamento civile trasferiti d’autorita’ da una ad altra sede di servizio che sia impiegato in una delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ha diritto … ad essere impiegato presso l’amministrazione di appartenenza o, per comando o distacco, presso altre amministrazioni nella sede di servizio del coniuge o, in mancanza, nella sede piu’ vicina”.
Pertanto è possibile ricavare i seguenti elementi essenziali affinchè possa ritenersi sussistente il diritto in questione:
- a) i due soggetti interessati devono appartenere ad una forza armata ad ordinamento civile (quale è il Corpo Forestale dello Stato) e/o ad una Amministrazione Pubblica dello Stato;
- b) tra i due soggetti vi deve essere un rapporto di convivenza coniugale;
- c) il dipendente della forza armata deve essere stato trasferito d’autorità.
Particolari problemi interpretativi possono sorgere con riferimento al terzo dei suddetti requisiti/presupposti, in quanto in determinate fattispecie possono emergere dubbi di qualificazione del trasferimento in questione come di autorità o “a domanda” (o volontario). Proprio su tale argomento, la giurisprudenza ha affermato che il criterio generale per distinguere i due tipi di trasferimento (d’autorità o a domanda) deve essere rinvenuto esclusivamente nella “diversa rilevanza che in essi assumono i contrapposti interessi in gioco, ovverosia quello dell’amministrazione al regolare ed ordinato funzionamento degli uffici pubblici e quello del dipendente al soddisfacimento delle proprie esigenze personali e familiari” (TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 13 maggio 2015, n. 1284
), con la conseguenza che “mentre i trasferimenti d’ufficio perseguono in via immediata ed esclusiva l’interesse specifico dell’Amministrazione alla funzionalità dell’ufficio, al quale è completamente subordinata la posizione del pubblico dipendente, le aspirazioni del quale possono essere tenute presente eventualmente nei limiti delle preferenze da lui espresse circa la sede di servizio, nei trasferimenti a domanda risulta prevalente il perseguimento del soddisfacimento delle necessità personali e familiari del ricorrente, rispetto alle quali l’interesse pubblico opera esclusivamente come limite esterno di compatibilità, dovendo in ogni caso essere sempre assicurato il rispetto dei principi dell’art. 97 cost.” (Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238). Con particolare riferimento alle assegnazioni di sedi in esito a procedure concorsuali (di cui si tratta nella fattispecie), la stessa giurisprudenza maggioritaria, anche in applicazione del criterio generale sopra individuato, ha ritenuto che il trasferimento che avviene deve essere qualificato come volontario o a domanda, poiché laddove vi sia la partecipazione ad una selezione di tale tipo è il dipendente pubblico che, allo scopo di perseguire interessi di natura personale (avanzamento di carriera con relativa remunerazione maggiore e gratificazione personale), si sottopone volontariamente allo spostamento di sede che dovrà avvenire in caso di esito positivo della stessa
. D’altra parte, l’applicazione della interpretazione giurisprudenziale del criterio generale potrebbe portare anche alla conclusione che in tali fattispecie il trasferimento è dettato esclusivamente (o comunque in modo preponderante) dall’interesse pubblico, con conseguente sua qualificazione come di autorità:
- 1) il dipendente pubblico che partecipa ad un concorso persegue esclusivamente l’interesse (ovviamente privato) di ottenere l’avanzamento di carriera, mentre il trasferimento della sede (che avviene in esito alla selezione) non è né richiesto, né (almeno nel caso di specie) voluto da parte del dipendente, il quale vi si assoggetta solo poiché è imposto dall’Amministrazione quale condizione per soddisfare il proprio unico scopo (avanzamento di carriera);
- 2) viceversa, per l’Amministrazione è essenziale, nello svolgimento della propria attività di organizzazione, provvedere ad una ottimizzazione della distribuzione nella dotazione organica su scala nazionale del personale che è entrato in ruolo a seguito della selezione pubblica e, pertanto, vi provvederà esclusivamente sulla base delle proprie esigenze, laddove l’espressione delle preferenze dei vincitori vengono valutate solamente in quanto compatibili con le stesse esigenze organizzative;
- 3) pertanto – in applicazione del criterio generale individuato dalla giurisprudenza per distinguere il trasferimento d’ufficio dal trasferimento a domanda – si potrebbe concludere che l’interesse sotteso al trasferimento in questione è prevalentemente (se non totalmente) pubblico, poiché, operando una prova di resistenza, laddove fosse eliminata la imposizione/scelta dell’Amministrazione di assegnare il dipendente pubblico ad altra sede rispetto a quella di provenienza, questo non chiederebbe di essere trasferito.
Le conclusioni appena raggiunte sono confortate (con argomentazioni in parte conformi rispetto a quelle appena svolte) da parte delle Sezioni Consultive del Consiglio di Stato, le quali coltivano un orientamento che, in contrasto con quello maggioritario citato, qualifica i trasferimenti come quello della fattispecie (ovvero, le nuove assegnazioni dei dipendenti pubblici derivanti dalla vittoria di concorsi pubblici con quota riservata agli interni) come d’autorità (e non volontari o a domanda). Si segnala, però, che su tale orientamento minoritario è anche intervenuto di recente il TAR Marche con sentenza n. 485/2015, il quale lo ha affrontato direttamente e si è posto in senso contrario a questo, aderendo invece all’orientamento maggioritario in precedenza richiamato.